giovedì 10 novembre 2011

forse qualcuno di voi lo conoscerà già...forse no...
grazie a splattercontainer.com e verticalismi per questo malsano sodalizio...
tutto iniziò da qui

UNA DONNA COL CERVELLO

Lei mi odia.
Mentre io non posso fare a meno di volerla.
Tutto questo non ha senso. Lo so.
Ma parlano facile quelli che dicono che uno come me non ha pensieri.
Che non può infognarsi in cose come queste.
Non riesco a non volerla. Sono qui, a ciondolare davanti casa sua. Ormai non mi nascondo nemmeno più. Anzi non l’ho mai fatto. Ogni tanto arrivo a fare versi strani. Oserei dire che  muggisco tutto il mio dolore, dato dalla privazione.
Ma, per tutta risposta, lei mi odia sempre più.
È asserragliata in casa.
Da giorni ormai.
Ogni tanto si affaccia, guarda fuori, con il viso che comunica lampi di frustrazione, di rabbia, di terrore.
Non sa cosa fare. Come reagire. Dove andare.
Ne sono consapevole.
Per lei è una tortura.
Ma io non posso comportarmi diversamente.
È la mia natura.
Eppure io so che potrei farla mia.
Se solo me ne desse la possibilità.
Il fatto è che non sono il solo a desiderarla.
Ci sono altri. Ed altre.
Incontra gusti trasversali.
E questo non aiuta per nulla.
Ma gli altri, io lo so, vogliono solo la sua carne. La sua pelle. I suoi seni abbondanti. Tutto quel ben di dio. (O chi per lui.)
Io no.
Io voglio il suo cervello.
Del resto non mi importa nulla.
Cioè…non è che butterei via nulla.
Ma la cosa principale, per me, è quello che c’è nella sua testa.
Ma lei non lo capisce.
O non le importa.
E la situazione peggiora di giorno in giorno. Di momento in momento.
Ma stasera sento che succederà qualcosa. Lo sento.
Lei sbircia per l’ennesima volta, la milionesima, da dietro la tenda della sua finestra.
Il suo delizioso sguardo, attraverso la deliziosa finestra, di questa deliziosa casetta coloniale, in questa deliziosa campagna dello stato più verde che c’è.
Poi prende la sua decisione.
Finalmente.
Ci contavo.
E non solo io. Anche gli altri ci contavano.
Deve averci ragionato su tanto.
Ed ha capito che non ha altre opzioni.
Non ne ha mai avuto.
Solo una questione di tempo e di scelta.
Spalanca la porta.
La luce dall’interno crea un occhio di bue naturale.
La sua figura, snella ma formosa, nervosa, atletica, ma piena, crea una silouhette nel rettangolo luminoso dell’entrata.
Poi comincia a correre.
Ha un Remington a pompa ben saldo nelle mani.
Me lo aspettavo.
Viene verso di me.
L’ho sempre saputo che aveva un occhio di riguardo per il sottoscritto.
Forse perché sono stato il primo.
A venire fin qui per lei.
È un attimo, ma nonostante tutta la lentezza che ci è propria, gli altri le sono addosso.
In tutto non siamo tanti. Una trentina.
Ma per una donna sola, per quanto forte, sono fin troppi.
E lei ha solo 12 colpi, anche se a pallettoni, nel cannone.
Un tipo ed una tipa si avvicinano con fare molto caloroso, lascivo direi, mugugnando forte.
Si beccano una gragnola di pallettoni ciascuno.
Ad uno salta mezza faccia, all’altra si scoperchia il cranio.
Cadono a terra come sacchi di spazzatura pieni di frattaglie.
Ed in fondo, visto il loro comportamento, non erano molto di più.
Tutto questo trambusto mi da il tempo di avvicinarmi, rapidamente, per quanto il termine rapidamente si confaccia ad uno come me.
Le sono alle spalle mentre decervella un altro focoso inseguitore.
Sono a pochi centimetri da quello che voglio. Che bramo.
Lei.
Sento il suo odore, forte, penetrante. Sento qualcosa di più delle tracce residue di deodorante, del suo sudore, della sua femminilità piena. Sento l’odore dei suoi pensieri. Nel vero senso della parola.
Ma forse anche lei sente il mio olezzo, fin troppo deciso, attualmente.
O forse m’è scappato un grugnito d’eccitazione.
Sta di fatto che si volta.
Mi rendo conto che, tutto sommato, non sarò io ad averla.
Né il suo cervello né altro.
Si distrae mentre mi infila la canna nera in bocca, a fondo, quasi in gola.
Esita un secondo di troppo, guardandomi con un ghigno di soddisfazione fin troppo evidente.
In cinque le sono addosso e avranno quello che io desideravo cosi ardentemente.
Un attimo prima che una vampata calibro 12 mi dia la pace, per sempre, mi consolo constatando che le sue ultime parole, alla fin fine, sono state per me:
“VAFFANCULO, ZOMBIE DI MERDA!”.

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